Dal primo rapporto mondiale sulla violenza

24.11.2016 00:26

l ventesimo secolo verrà ricordato come un secolo segnato dalla violenza. Ci addolora con il suo carico di distruzioni di massa, di violenza inflitta su scala mai vista e non immaginabile precedentemente nella storia degli uomini. Questo carico – il risultato di nuove tecnologie al servizio di ideologie basate sull’odio – non è l’unico che ci affligge, né l’unico di cui ci dobbiamo occupare. Meno visibile, ma forse ancora più diffuso, è il peso della sofferenza quotidiana, individuale. È il dolore dei bambini che subiscono abusi da parte delle persone che dovrebbero proteggerli, delle donne percosse o umiliate da partner violenti, degli anziani maltrattati da chi li assiste, dei giovani tiranneggiati da altri giovani e di persone di ogni età che si fanno del male. Questa sofferenza – e potrei citare molti altri esempi – è un carico che si riproduce, poiché le nuove generazioni apprendono dalla violenza della generazione precedente, le vittime imparano dai loro carnefici e le condizioni sociali che alimentano la violenza vengono lasciate proliferare. Nessun paese, nessuna città, nessuna comunità ne è immune. D’altro canto, noi non siamo impotenti di fronte a questo problema. La violenza prolifera dove non c’è democrazia, dove manca il rispetto per i diritti umani e il buongoverno. Spesso discutiamo di come una “cultura della violenza” possa mettere radici. Ciò è indubbiamente vero: come sudafricano che ha vissuto l’apartheid e ne sta vivendo le conseguenze, l’ho vista e l’ho vissuta. È anche vero che le modalità di comportamento violente sono più diffuse e radicate nelle società in cui l’autorità avalla il ricorso alla violenza con le proprie azioni. In molte società, la violenza è così radicata da vanificare le speranze di sviluppo economico e sociale. Non possiamo lasciare che questa situazione continui. Molti di coloro che convivono quasi quotidianamente con la violenza ritengono che essa sia un aspetto intrinseco della condizione umana. Ma non è così. La violenza può essere prevenuta. Le culture violente possono essere rovesciate. Nel mio paese e in tutto il mondo vediamo brillanti esempi di come la violenza possa essere combattuta. I governi, le comunità e gli individui possono fare la differenza. Do il benvenuto a questo primo Rapporto mondiale su violenza e salute. Questo testo rappresenta un importante contributo alla comprensione della violenza e del suo impatto sulla società. Ne illustra le diverse manifestazioni, dalla sofferenza “invisibile” degli individui più vulnerabili della società alla troppo visibile tragedia dei popoli in conflitto. Migliora la nostra analisi dei fattori che la determinano e delle possibili risposte dei diversi settori della società. In questo modo ci ricorda che la sicurezza e la tranquillità non sono realtà casuali: sono il risul- tato del consenso collettivo e dell’investimento pubblico. Questo Rapporto illustra e offre raccomandazioni per l’azione a livello locale, nazionale e internazionale. Rappresenta quindi uno strumento di valore incalcolabile per i politici, i ricercatori, i professionisti, i sostenitori e i volontari coinvolti nella prevenzione della violenza. Se per tradizione la violenza è sempre stata considerata un problema di pertinenza del sistema della giustizia penale, questo testo sottolinea con forza l’importanza del coinvolgimento di tutti i settori della società nell’impegno di prevenzione. Il nostro compito è quello di dare ai nostri figli - i cittadini più vulnerabili in qualsiasi 7 società – una vita libera dalla violenza e dalla paura. A questo scopo dobbiamo impegnarci instancabilmente a costruire la pace, la giustizia e la prosperità non solo in ogni paese, ma anche in ogni comunità e tra i membri di una stessa famiglia. Dobbiamo occuparci delle radici della violenza. Solo a quel punto trasformeremo il carico del secolo passato da peso schiacciante a lezione di ammonimento. 

 

Nelson Mandela