DECRETO SICUREZZA DELLE CITTÀ: "L’ORDINE DI ALLONTANAMENTO, IL DIVIETO DI ACCESSO E LA FLAGRANZA DIFFERITA"

11.07.2017 19:37

 

L’ORDINE DI ALLONTANAMENTO,

IL DIVIETO DI ACCESSO E LA FLAGRANZA DIFFERITA

NEL DECRETO “SICUREZZA DELLE CITTÀ”

 

di Maurizio Taliano

 

 

Decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14
Il D.L. 14/2017 “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città” ha introdotto nel nostro ordinamento nuovi provvedimenti amministrativi di polizia: l’ordine di allontanamento, di competenza delle Forze dell’ordine, e due diverse tipologie di divieto di accesso, emanati dal questore. La legge di conversione ha altresì disposto, fino al 30 giugno 2020, la possibilità di eseguire l’arresto obbligatorio in flagranza “differita” in occasione di manifestazioni connotate da azioni di particolare violenza.

1. Introduzione, 2. Ordine di allontanamento, 3. Condotte, sanzionate amministrativamente, alle quali si applica l’ordine di allontanamento;


1. Introduzione
Il decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14, “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 febbraio 2017, n. 42, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1 della legge 18 aprile 2017, n. 48.
La normativa, nel solco dei precedenti decreti o “pacchetti” sicurezza, interviene in numerosi settori relativi alla sicurezza delle città, con l’intento di fronteggiare fenomeni presenti, in particolare, nei più vasti centri urbani e in quelli interessati da ingenti flussi turistici. Il provvedimento fornisce altresì definizioni ed inquadramenti giuridici di nozioni preesistenti, relativi alla sicurezza integrata ed urbana, alla collaborazione interistituzionale e alla messa in campo di ulteriori strumenti di prevenzione e di contrasto.
Verranno qui esaminati i contenuti del Capo II “Disposizioni a tutela della sicurezza delle città e del decoro urbano” e, più in particolare, le disposizioni inserite negli articoli:

  • 9 “Misure a tutela del decoro di particolari luoghi”;
  • 10 “Divieto di accesso”;
  • 13 “Ulteriori misure di contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti all’interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico e di pubblici esercizi”.

Il provvedimento, in quest’ultima parte in commento, è stato approvato con l’obiettivo di fornire ulteriori strumenti di contrasto alla microcriminalità, alle condotte, di per se anche non costituenti illecito, che comunque incidono negativamente sul senso di sicurezza percepito dai cittadini, sul decoro urbano, sulla fruibilità e la vivibilità degli spazi pubblici, e, più in generale, mettono a repentaglio la sicurezza urbana.

2. Ordine di allontanamento
L’ordine di allontanamento è stato enunciato nell’art. 9 e disciplinato nel successivo art. 10 del decreto in questione. Si appalesa come provvedimento di polizia, tendente a realizzare concretamente la necessità di allontanare individui che hanno commesso violazioni amministrative indicate nei primi tre commi dell’art. 9, di cui si dirà in seguito. La misura presenta similitudini con l’ordine di allontanamento dello straniero, previsto dall’art. 14, co. 5-bis del D.Lgs. 286/98, Testo unico sull’immigrazione. È un provvedimento amministrativo preventivo-cautelare che si realizza nella forma di comando, imposto dall’organo accertatore, sia esso appartenente alle Forze di polizia che alle Polizie locali, individuato ai sensi dell’art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689. La scelta del legislatore è stata quella di fornire alla più ampia platea di appartenenti alle Forze dell’ordine il potere di imporre il provvedimento inibitorio, non indicando, come invece avvenuto nell’introduzione del ritiro cautelare di armi, munizioni e materie esplodenti, la necessaria sussistenza della qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza per poter operare. Quest’ultima soluzione avrebbe meglio individuato, definito e circoscritto i funzionari ed agenti che, oltre ad accertare la violazione amministrativa, hanno l’obbligo di imporre l’ordine di allontanamento, provvedimento, seppur limitato ad un breve arco di tempo, che comunque incide sulla libertà di circolazione e personale, stante i dettati costituzionali imposti dagli artt. 13 e 16. L’allontanamento può essere così impartito, ad esempio, anche dagli appartenenti alle Polizie locali non in possesso della qualità di agente di pubblica sicurezza. L’ordine ha una durata di 48 ore e non è soggetto ad alcuna convalida da parte dell’autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza, vista la sua breve durata, la provvisorietà e il fatto di limitare esclusivamente e per breve periodo la circolazione o lo stazionamento in una zona ben delimitata e circoscritta. Saranno comunque esperibili atti di opposizione, ricorsi giurisdizionali o straordinari, di fatto espletati al termine delle quarantotto ore, quando l’efficacia concreta del provvedimento sarà venuta meno. L’esercizio di tali rimedi potrà comunque risultare utile per non incorrere nel successivo divieto di accesso e sanzione amministrativa pecuniaria di cui si dirà in seguito. L’organo accertatore dovrà riportare nel provvedimento le motivazioni sulla base delle quali è stato adottato, individuando dettagliatamente i luoghi inibiti per le successive 48 ore poiché la sua violazione è soggetta alla sanzione amministrativa pecuniaria applicata ai sensi dell’art. 9, co. 1, aumentata del doppio. In caso di mancato rispetto dell’ordine è così prevista una sanzione amministrativa pecuniaria di una somma da € 200 a € 600, mentre il pagamento in misura ridotta, effettuato entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione, è pari a € 200.

L’autorità competente a ricevere il rapporto si identifica nel sindaco del comune nel cui territorio è stata accertata la reiterazione della violazione o nell’autorità di settore competente nella specifica area del luogo nel quale è avvenuta nuovamente la violazione.
L’ordine di allontanamento dovrà assumere forma scritta, cristallizzato in forma di verbale nel quale comunque è specificato che ne cessa l’efficacia trascorse quarantotto ore dall’accertamento del fatto. Copia del provvedimento è trasmessa con immediatezza al questore competente per territorio, autorità provinciale di pubblica sicurezza con funzioni tecnico-operative, che potrà eseguire verifiche ed eventualmente, in autotutela, annullare gli effetti dell’atto. L’ufficio questorile fungerà altresì da punto di raccordo ove confluiranno i vari provvedimenti emanati, nei confronti dello stesso individuo, dagli appartenenti alle diverse Forze di polizia e Polizie locali. Tutto ciò in attesa del rafforzamento della cooperazione, informativa e operativa, e dell’accesso alle banche dati di tutte le Forze dell’ordine impegnate, così come imposto all’art. 10, co. 6 del decreto in commento. L’autorità provinciale di P.S. dovrà così intervenire, in caso di plurime segnalazioni provenienti da diverse istituzioni, con un più incisivo divieto di accesso o richiesta di applicazione di misura di prevenzione personale.

È altresì prevista la contestuale segnalazione ai competenti servizi socio-sanitari, ove ne ricorrano le condizioni. Quest’ultima segnalazione assume speciale rilevanza, in quanto riconducibile alla possibilità di assicurare eventuali forme di intervento a sostegno di soggetti bisognosi che versino in stato di particolare disagio.

L’organo accertatore potrà rendere esplicito l’ordine di allontanamento inserendolo:
nel corpo del verbale di accertamento, contestazione ed eventuale notifica delle violazioni amministrative, indicate successivamente;
in un atto distinto e separato.

La compilazione di un verbale autonomo permetterà l’invio della documentazione, nella sua completezza, unicamente all’autorità interessata, essendo il questore quella competente a ricevere copia dell’ordine di allontanamento mentre il sindaco, il prefetto o altra autorità risulterà competente per la violazione amministrativa accertata e contestata. Anche gli eventuali e successivi atti di annullamento, opposizione o ricorso potranno essere esperiti nei confronti di un unico provvedimento (ordine di allontanamento o sanzione amministrativa pecuniaria), senza inficiare l’efficacia e l’esecuzione dell’altro.
L’operatore di polizia dovrà anche valutare, nell’ipotesi di trasgressore di nazionalità straniera, la necessità di traduzione dell’atto. Al pari dei provvedimenti di allontanamento dello straniero, andrà comunque assicurata la traduzione, pur non esplicitamente prevista nel decreto in commento. Se lo straniero non comprende la lingua italiana, il provvedimento deve essere accompagnato da una sintesi del suo contenuto, nella lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, in una delle lingue inglese, francese o spagnola, secondo la preferenza indicata dall’interessato, ai sensi degli artt. 2 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e 3 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

3. Condotte, sanzionate amministrativamente, alle quali si applica l’ordine di allontanamento
Veniamo ora ad indicare le numerose ipotesi, previste nei primi tre commi dell’art. 9, di violazioni amministrative alle quali, oltre al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, scatta ora l’imposizione dell’ordine di allontanamento.
Nel primo comma dell’art. 9 in esame, con tecnica legislativa non particolarmente chiara e fruibile, si sanziona la condotta di coloro che impediscono l’accessibilità e la fruizione di particolari luoghi, indicati nella prima parte, riferibili alle infrastrutture di trasporto. Vengono individuate le aree nelle quali è possibile contestare l’illecito, ossia quelle interne alle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze.
Già da questa prima introduzione si pongono problemi interpretativi e di pratica applicazione, dovendo l’operatore individuare concretamente:

  • la condotta che materialmente renda difficoltoso l’accesso o costituisca intralcio nei luoghi di transito e i comportamenti idonei ad impedire la fruizione degli spazi pubblici (bivacco, occupazione di sale di attesa, lunghe soste negli spazi interni per soggiornarci o per intrattenere i passanti, utilizzo improprio di vagoni, forme di accattonaggio molesto anche con l’ostentazione delle deformità o con modalità vessatorie, commercio ambulante non autorizzato, prostituzione anche con l’esibizione di parti anatomiche, stazionamento prolungato ed osservazione dei passanti per la consumazione di reati come il furto con destrezza). I suddetti comportamenti, pur non integrando necessariamente violazioni di legge, compromettono la fruibilità di particolari luoghi e spazi pubblici, rendendone difficoltoso il libero utilizzo e la normale e sicura utilizzazione, con profili di rischio, anche per la sicurezza, relativamente ad alcuni ambiti a vario titolo legati ad una rilevante mobilità;
  • i luoghi dove tale condotta si esplichi (ingressi, entrate, uscite, passaggi, varchi, corridoi, androni, scalinate e, più in generale, luoghi di accesso e transito);
  • la concreta presenza di divieti di stazionamento o di occupazione di spazi imposti dall’autorità competente sull’infrastruttura di trasporto che, ci si augura, provveda con celerità all’approvazione ed imposizione di regolamenti d’uso e prescrizioni, là dove non ce ne fossero, per non vanificare l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e, in particolare, del nuovo strumento dell’allontanamento, voluto dal legislatore.

Il personale operante dovrà quindi indicare correttamente le violazioni al regolamento d’uso o alle prescrizioni imposte e, nel dettaglio, i luoghi e gli spazi nei quali tali condotte sono vietate, che, subito dopo, saranno oggetto dell’ordine di allontanamento. Trattasi di quelle che il legislatore definisce “aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze”, intendendo gli spazi interni delle stazioni ferroviarie e marittime, degli aeroporti, delle metropolitane, capolinea e luoghi di sosta e transito di tutti i mezzi di trasporto pubblico su gomma e rotaia. Sono quindi considerate anche le pertinenze che, ai sensi dell’articolo 817 del codice civile sono individuate come “… le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa”, che, nel caso in esame, esprimono, rispetto all’infrastruttura primaria di trasporto, un rapporto di dipendenza e di accessorietà, senza costituirne parte integrante e senza rappresentare elemento indispensabile per la sua esistenza, ma in modo da accrescerne l’utilità o il pregio, concorrendo a soddisfare le concrete esigenze delle persone che vi transitano.
Traendo spunto dagli atti governativi e parlamentari di conversione del decreto legge, per infrastrutture fisse e mobili si intendono “… il complesso di opere secondarie e complementari alla struttura di base, necessarie affinché quest’ultima possa funzionare (ad esempio, del servizio metropolitano è considerata infrastruttura non solo la rete dei binari ma anche i vagoni dei convogli, mentre la stazione e le vie di accesso rientrano nel concetto di pertinenza)”.

È quindi possibile contestare l’infrazione ed applicare l’ordine di allontanamento per le condotte consumate in tutte le infrastrutture dedicate alla mobilità, sugli stessi mezzi di trasporto e, più in generale, in tutte le aree accessorie alla struttura primaria la cui destinazione deve essere caratterizzata dal requisito di effettività e durevolezza, che sia posta a servizio od ornamento della stessa.
Gli esempi possono essere quindi riferiti a strade e viali d’ingresso, spazi ed aeree verdi, scale mobili, gradinate, piazzali, attività e centri commerciali insistenti nella struttura, parcheggi a servizio dell’infrastruttura di trasporto.
La fattispecie appare quindi approvata per contrastare l’occupazione ripetuta e duratura di spazi da parte di tossicodipendenti, prostitute, pregiudicati ma anche da parte di soggetti che utilizzano queste aree per il ricovero personale quali clochard, persone senza fissa dimora, disadattati, mendicanti, rifugiati, profughi, sfollati.

La sanzione amministrativa pecuniaria prevista è del pagamento di una somma da € 100 a € 300, risultando il pagamento in misura ridotta, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione, pari a € 100. Rimane dubbia la reale applicazione ed efficacia di tali sanzioni, in particolare del provvedimento inibitorio costituito dall’ordine di allontanamento, quando saranno applicate ad alcune categorie di soggetti, sopra elencati, che verosimilmente non solo non eseguiranno tali versamenti, per impossibilità o noncuranza, ma, ormai da tempo, considerano l’infrastruttura di trasporto (es. la stazione ferroviaria) come luogo di bivacco non avendo altri posti ove vivere.

È facile immaginare le difficoltà operative e di applicazione di tali norme da parte degli operatori di polizia nei confronti di soggetti che, nella migliore delle ipotesi, abbiano dichiarato identità o esibito documenti di cui è ragionevole ritenere dubbia la genuinità, se non, addirittura, sprovvisti di documenti. La pratica quotidiana e l’esperienza sul campo ci ricordano i notevoli problemi applicativi derivanti dalle difficoltà di individuazione dei dati anagrafici, della residenza, del domicilio o della dimora di tali soggetti, già solo per addivenire alla corretta redazione e notifica dei verbali previsti.

L’autorità competente è il sindaco del comune o, in taluni casi, l’autorità di settore avente competenze a tutela della specifica area nel cui territorio sono state accertate le violazioni; questa provvede ai sensi degli artt. 17 e seguenti della citata legge 689/81.

Nell’inciso iniziale dell’art. 9 vengono fatte salve le disposizioni già previste dalla vigente normativa a tutela delle predette aree. Trattasi di regolamenti, ordinanze, determine, prescrizioni e divieti già contenuti in atti normativi o regolamentari emessi da autorità con competenze sul sedime, quali, ad esempio:

  • sindaco o dirigenti dell’ente locale (attraverso lo strumento delle ordinanze ai sensi degli artt. 50 e 54 del D.Lgs. 267/2000, riformati dal decreto in commento);
  • prefetto, ai sensi dell’art. 2 T.u.l.p.s.;
  • autorità aeroportuali come l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile – E.N.A.C. che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 21 luglio 2009, è stato designato quale unica autorità responsabile del coordinamento, del monitoraggio e dell’attuazione delle norme fondamentali comuni in tema di sicurezza negli aeroporti;
  • autorità marittime come l’Autorità portuale e il Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera che svolge numerosi compiti quali la vigilanza e l’esercizio di funzioni di sicurezza e di polizia amministrativa marittima, di polizia stradale negli ambiti portuali e nelle relative adiacenze, a partire dal disposto dell’art. 81 del codice della navigazione, nonché funzioni di autorità portuale nei porti in cui non ve ne sia istituita una.

Nel secondo comma dell’art. 9 in esame, sono indicate le disposizioni legislative, già comportanti altrettante sanzioni amministrative, alle quali ora si applica anche l’ordine di allontanamento allorquando le violazioni vengano contestate nelle infrastrutture destinate al trasporto e nelle loro pertinenze, come precedentemente delineate.

Esse sono riferite agli articoli:

  • 688 c.p., “Ubriachezza”;
  • 726 c.p., “Atti contrari alla pubblica decenza”;
  • 29 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, relativo l’esercizio abusivo del commercio su aree pubbliche. Sono qui previste le sanzioni che puniscono, con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.582 a € 15.493 (P.M.R. € 5.164) e con la confisca delle attrezzature e della merce, chiunque eserciti il commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione o fuori dal territorio previsto dall’autorizzazione stessa, nonché senza l’autorizzazione o il permesso di cui all’art. 28, co. 9 e 10 relativi al commercio nelle aree demaniali marittime, sulle aree pubbliche negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade. Si rammenta che la normativa in questione, relativa al commercio, è ora di competenza delle regioni e delle province autonome, ai sensi dell’art. 117 Cost, come sostituito dall’art. 3 della legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3;
  • 7, co. 15-bis, del codice della strada, relativo all’esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore o guardiamacchine, sostituito dall’art. 16-bis del decreto legge in commento che, in particolare, ha provveduto ad elevare ulteriormente la sanzione amministrativa pecuniaria.

È quindi intento del legislatore integrare le sanzioni già previste per le specifiche condotte lesive anche della sicurezza e del decoro urbano, con l’ulteriore misura dell’allontanamento, al fine di rendere maggiormente incisiva ed efficace l’azione di contrasto a fenomeni, come quello del commercio illegale o dei parcheggiatori abusivi, spesso affrontato con non poche difficoltà.

Nel terzo comma dell’art. 9, vengono prese in considerazione le violazioni ai regolamenti di polizia urbana che dovranno essere predisposti ed adeguati, potendo individuare aree urbane su cui insistono scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibite a verde pubblico, alle quali si applicano le disposizioni dei due commi precedenti e, in particolare, l’imposizione dell’ordine di allontanamento.
Sarà quindi compito dei consigli comunali aggiornare il locale regolamento di polizia urbana, ai sensi dell’art. 42 del D.Lgs. 267/2000, individuando infrastrutture, aree e luoghi, delimitati e specificati, in base alle esigenze, struttura e caratteristica di ogni territorio, ai quali, in caso di violazione delle prescrizioni contenute, si applicherà non solo la sanzione amministrativa pecuniaria da € 25 a € 500 prevista dall’art. 7-bis del citato Testo unico degli enti locali ma anche il nuovo provvedimento inibitorio di allontanamento. Si rammenta che l’art. 8, co. 2-bis del decreto legge in oggetto ha parallelamente esteso i poteri di adottare regolamenti da parte delle amministrazioni comunali, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
In fase di conversione in legge vi è stata l’estensione del divieto di stazionamento alle aree urbane all’interno delle quali sono ubicati musei, parchi archeologici ed aree dove è necessario garantirne la fruibilità, anche in considerazione dei consistenti flussi turistici.

I proventi delle sanzioni amministrative sono devoluti ai comuni che dovranno utilizzarli per l’attuazione d’interventi volti al miglioramento del decoro urbano, in generale, e, più in particolare, per le aree in cui sono stati previsti i divieti.
Trattasi quindi d’interventi tesi ad arginare l’effetto deleterio che si verifica in occasione di assembramenti di vario titolo, ad esempio in prossimità di aree di particolare pregio storico, prese d’assalto da folle di turisti, o in occasione di manifestazioni ludiche, di utilizzo di piazze o luoghi di aggregamento sociale. Gli esempi conducono immediatamente alle annose problematiche riscontrate, ad esempio, a Roma presso il Colosseo, a Venezia in piazza San Marco, a Firenze nell’area del centro storico, o a quelle manifestazioni che vengono definite “movida”, intendendosi per tali gli assembramenti in prossimità di locali o lungo strade e itinerari turistici, normalmente presenti nei centri storici cittadini.

Il terzo comma dell’art. 9 fa salva l’applicazione degli articoli:

  • 52, co. 1-ter, del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 che riguarda l’adozione di apposite determinazioni al fine di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonché delle aree a essi contermini, da parte dei competenti uffici territoriali e dei soprintendenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, d’intesa con la regione e i comuni. Le determinazioni sono volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attività ambulanti senza posteggio, nonché, ove se ne riscontri la necessità, l’uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico;
  • 1, co. 4, del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222 relativo all’adozione, da parte del comune, d’intesa con la regione, sentito il competente soprintendente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, di deliberazioni volte a delimitare, sentite le associazioni di categoria, zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione, l’esercizio di una o più attività individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, in quanto non compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

È facile immaginare, visto il profluvio normativo in materia, problemi di pratica applicazione di sanzioni e relativi allontanamenti a seguito dei ritardi nell’adeguamento dei regolamenti di polizia urbana e di sovrapposizioni di competenze di varie autorità, in particolare in alcune aree di interesse storico-culturale.

Fonte: https://www.sicurezzaegiustizia.com/wp-content/uploads/2017/07/SeG_II_MMXVII_TALIANO.pdf