NUOVO INTERVENTO SUL REATO DI “CORRUZIONE TRA PRIVATI”, NUOVO RIASSETTO DEL MODELLO ORGANIZZATIVO 231/2001. Simona Usai

29.07.2017 12:47



di:


Simona USAI, avvocato, fornisce consulenza legale a società private operanti anche nel campo delle telecomunicazioni.


Si occupa di Privacy, Modello organizzativo 231, Diritto delle locazioni e Diritto d’Autore.


È responsabile del Supporto Legale dell’associazione ELISS (Experts of Lawful Interception and Security


Standards).


Decreto legislativo 15 marzo 2017 n. 38 - Il decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 38 da attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato. Il decreto è entrato in vigore il 14 aprile 2017 ed ha modificato l’articolo 2635 del Codice civile (corruzione tra privati) e ha inserito gli articoli 2635 bis e ter. La sostanziale differenza con la formulazione precedente è che il comportamento stigmatizzato nella norma doveva cagionare nocumento all’ente o società, riferimento ora scomparso. Inoltre è prevista anche “l’interposta persona” nel caso si offra o prometta denaro o altra utilità.




Di recente è entrato in vigore il d. lgs. 38/2017 che ha dato attuazione alla delega inserita nell’art. 19 della legge 170/2016, che a sua volta recepiva la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio dell’Unione Europea relativa alla lotta alla corruzione nel settore privato.


Il decreto 38/17 rimodella l’art. 2635 c.c., introduce gli artt. 2635-bis c.c., 2635-ter c.c. ed interviene sull’art. 25 ter comma 1, lettera s-bis del decreto legislativo 8 giugno n. 231/2001.


Prima dell’intervento del legislatore, l’art. 2635 c.c. – sotto la rubrica “Corruzione tra privati”- condannava, ove la condotta non costituiva un più grave reato, due peculiari forme di corruzione passiva (per intranei): la prima era prevista per gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compivano od omettevano atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società (fattispecie punita con la reclusione da uno a tre anni ex art. 2635, comma 1, c.c.); la seconda era prevista per coloro che erano sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei dirigenti indicati al primo comma (dall’art. 2635, comma 2, c.c. sanzionata con la reclusione fino a un anno e sei mesi).


La norma, al 3° comma, inquadrava la fattispecie di corruzione attiva, ossia della condotta di chiunque (extraneus) dava o prometteva denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma (punita con le medesime sanzioni della corruzione passiva); forma di corruzione che, in base all’art. 25 ter, comma 1, lett. s-bis, d.lgs. n. 231/2001 importava la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote.


In base all’art. 3, d.lgs. 29.10.2016, n. 202 veniva aggiunto il comma 6 all’art. 2635 c.c. prevedendo che la misura della confisca per equivalente non potesse essere inferiore al valore delle utilità date o promesse.


 


Dunque, dalla fattispecie penale tipizzata di corruzione tra privati venivano esclusi:


  • i soggetti apicali con funzioni di amministrazione e controllo (o sottoposti alla loro direzione o vigilanza) di enti collettivi privati diversi dalle società commerciali;

  • i soggetti che svolgevano attività lavorativa con esercizio di funzioni direttive (non apicali) presso società commerciali, al di fuori di contributi concorsuali nella veste di extranei;

  • gli intermediari dei soggetti apicali quali soggetti intranei, fatta salva la possibilità di riconnettere ai primi contributi concorsuali quali extranei;

  • l’offerta (sul versante della corruzione attiva) e la sollecitazione (sul versante della corruzione passiva) di un indebito vantaggio, se non in quanto poi accolte e dunque elementi dell’accordo corruttivo (rivelato dalla promessa o dazione di denaro o altra utilità) concretamente eseguito;

  • le violazioni degli obblighi inerenti all’ufficio o degli obblighi di fedeltà degli apicali nelle funzioni di amministrazione e controllo che non avevano cagionato nocumento alla società;

  • l’istigazione alla corruzione tra privati, sia dal lato attivo (qualora l’offerta o la promessa all’intraneo non sia da questi accettata), che dal lato passivo (qualora la sollecitazione dell’intraneo non sia accolta).

    Con la riforma la rubrica del Titolo XI del Libro V del Codice civile, diventa “Disposizioni penali in materia di società, consorzi ed altri enti privati”, in cui l’art. 2635 c.c., rappresenterebbe l’unico reato di tale titolo applicabile anche ad enti diversi dalle società e dai consorzi. La struttura della fattispecie e i suoi destinatari, infatti, rimangono ancorati ai modelli d’incriminazione propri del diritto penale societario.
    La riforma, quindi, colma alcune lacune presenti nella precedente normativa, che qui di seguito si possono sintetizzare, seppure lasciando invariati alcuni aspetti ancora discussi.

     

    Nella corruzione tra privati ex art. 2635 c.c.:


  • Vengono inclusi tra gli autori del reato, non solo coloro che rivestono posizioni apicali di amministrazione e di controllo, ma anche coloro che svolgono attività lavorativa mediante l’esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati. La fattispecie prevista dall’art. 2635 c.c. investe anche i partiti politici ed i sindacati, enti privati previsti dalla Costituzione che, come tali, mantengono piuttosto l’esenzione dalla disciplina sulla responsabilità amministrativa da reato ex art. 1, comma 3, del d.lgs. 231/2001 (quali “enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”).

  • Viene inserito il riferimento all’indebito vantaggio per sé o per altri (denaro o altra utilità “non dovuti”) in cambio («per compiere o per omettere un atto») della violazione degli obblighi di ufficio e di fedeltà, secondo lo schema della corruzione passiva propria antecedente di stampo pubblicistico.

  • Scompare il riferimento alla causazione di un “nocumento alla società”, mentre non è più necessario l’effettivo compimento o l’omissione di un atto; quest’ultimo elemento diventa l’oggetto del dolo specifico.

  • Al terzo comma dell’art. 2635 c.c. viene modificata la corruzione attiva tra privati. Viene prevista la punibilità del soggetto “estraneo”, ovvero, di colui che, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altre utilità non dovuti a persone indicate nel primo e secondo comma. Anche tale fattispecie incriminatrice (con la correlata ipotesi sanzionatoria) viene estesa alle condotte realizzate nei confronti di coloro che nell’ambito organizzativo dell’ente o della società esercitano a qualsiasi titolo funzioni di direzione non apicali già menzionate al primo comma dell’articolo in esame.

  • Compare il riferimento all’indebito vantaggio (denaro o altra utilità “non dovuti”) per gli intranei, in rapporto sinallagmatico – antecedente o concomitante (come rivelato dalle espressioni «offre, promette o dà») – rispetto alla violazione degli obblighi di ufficio e di fedeltà, secondo lo schema pubblicistico della corruzione attiva propria antecedente e concomitante.

  • Viene modificato il sesto comma dell’art. 2635 del codice civile, relativo alla confisca, mediante l’aggiunta delle parole «o offerte» all’espressione «utilità date o promesse», anche al fine di raccordare la previsione alla nuova configurazione della fattispecie incriminatrice.

  • Viene espressamente tipizzata la modalità della condotta “per interposta persona”, con ulteriore fattispecie di responsabilità per l’intermediario, dell’intraneo o dell’estraneo, a seconda che venga in rilievo la corruzione passiva o quella attiva (cfr. art. 2, par. 1 della decisione quadro).

    Con le nuove fattispecie incriminatrici si giunge ad un ampliamento delle condotte finalizzate all’accordo corruttivo, individuate, sia nella sollecitazione e sia nell’offerta (per la corruzione attiva) di denaro o altra utilità, rispettivamente, del soggetto intraneo e dell’estraneo, quali premesse dell’accordo corruttivo, se accolte.

     

    Istigazione alla corruzione ex art. 2635 bis c.c. (art. 4 del d.lgs. 38/2017)
    Viene introdotto, con l’art. 2635-bis del codice civile, la fattispecie dell’istigazione alla corruzione tra privati. Infatti, sotto il profilo attivo, viene punito chiunque offra o prometta denaro o altre utilità non dovuti ad un soggetto intraneo (amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive), al fine del compimento od omissione di atti in violazione degli obblighi inerenti il proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata (art. 2635-bis, comma 1, c.c.). Sotto il profilo passivo è prevista la punibilità dell’intraneo che solleciti una promessa o dazione di denaro o altra utilità, al fine del compimento o dell’omissione di atti in violazione dei medesimi obblighi, qualora tale proposta non sia accettata (art. 2635-bis, comma 2, c.c.).
    Per entrambe le fattispecie criminose, nonostante l’accentuata natura di reati di pericolo, la procedibilità resta subordinata alla querela della persona offesa.

     

    Pene accessorie (art. 2635 ter c.c.)

    La sanzione per il nuovo reato di cui all’art. 2635, primo comma, c.c. (corruzione passiva dell’intraneo) importa in ogni caso l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all’art. 32-bis c.p. nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per quello di cui all’art. 2635-bis, secondo comma (istigazione passiva alla corruzione). In base all’ordinaria disciplina dell’art. 32-bis c.p. l’interdizione temporanea (da un mese a cinque anni, in base all’art. 30 c.p.) dagli uffici direttivi delle persone giuridiche conseguirebbe ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio.

     

    Sanzioni per la responsabilità amministrativa da reato (art. 6 del d.lgs. 38/2017)

    Sotto il profilo sanzionatorio la nuova normativa introduce modifiche all’art. 25 ter lettera s-bis del D. Lgs. 8 giugno 2001, n 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300) per i casi di corruzione attiva ed istigazione attiva.
    In particolare, per il delitto di corruzione attiva tra privati (art. 2635, comma 3, c.c.), è previsto che si applichi la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote; nei casi di istigazione attiva (art. 2635-bis, comma 1 c.c.), la sanzione pecuniaria scende da duecento a quattrocento quote. Si applicano, altresì, le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, comma 2, d.lgs. n. 231/2001 (l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi).

    Dunque, l’entrata in vigore del D. Lgs. 38/2017 amplia notevolmente il novero delle condotte penalmente rilevanti in materia di corruzione tra privati e l’ambito di rilevanza delle condotte, attualmente esteso anche agli enti privati non sussumibili nell’alveo delle società commerciali. Alla luce del regime di responsabilità degli enti ai sensi del D. Lgs. 231/2001, risulta necessario porre attenzione alla prevenzione di possibili condotte illecite mediante un tempestivo aggiornamento dei Modelli Organizzativi e dei relativi protocolli di controllo.

    L’urgenza di un nuovo intervento normativo in materia è stata dettata molto probabilmente dalla necessità di prevenire il rischio di una procedura d’infrazione da parte della Commissione, stante l’inadeguato recepimento del suddetto atto normativo, rilevato nella Relazione dell’Unione sulla lotta alla corruzione – Allegato sull’Italia della Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 3 febbraio 2014. E comunque, riteniamo che quelle appena citate, siano modifiche destinate a produrre un forte impatto sull’assetto complessivo dell’intervento penale in tema di corruzione privata.


1 Di Vizio Fabio, La riforma della corruzione tra privati, in www.ilquotidianogiuridico.it del 03/04/2017.


2 Emanuela La Rosa, Verso una nuova riforma della “Corruzione tra privati”: dal modello “patrimonialistico a quello “lealistico”, in www.dirittopenalecontemporaneo, del 23/12/2016.


3 Di Vizio Fabio, La riforma della corruzione tra privati, op. cit.


4 Emanuela La Rosa, Verso una nuova riforma della “Corruzione tra privati”: op. cit.


5 Di Vizio Fabio, La riforma della corruzione tra privati, op. cit.


6 E non poteva essere diversamente. Stante il silenzio della delega sul punto, la previsione di una generalizzata procedibilità d’ufficio avrebbe integrato gli estremi di un eccesso di delega. Sorprende, semmai, la scelta del legislatore delegante di non intervenire, atteso che la procedibilità a querela rappresenta uno dei punti di maggiore frizione tra la disciplina italiana e la Decisione quadro 2003/568/GAI (Emanuela La Rosa, Verso una nuova riforma della “Corruzione tra privati”: op. cit.)


7 Di Vizio Fabio, La riforma della corruzione tra privati, op. cit.


Fonte: https://www.sicurezzaegiustizia.com/nuovo-intervento-sul-reato-di-corruzione-tra-privati-nuovo-riassetto-del-modello-organizzativo-2312001/