Violenza sulle donne, sos della Mangiagalli: "Serve un archivio con i nomi degli stalker"
Alessandra Kustermann è la responsabile del Soccorso violenza sessuale della clinica milanese: "Finora pochi arresti in flagranza". In Procura un pool di 12 pm che gestiscono 4.500 inchieste in un anno
di ALESSANDRA CORICA
23 febbraio 2014
La dottoressa Alessandra Kustermann È un quadro in chiaroscuro quello della lotta alla violenza contro le donne a Milano: negli ultimi quatto mesi, dopo l’entrata in vigore delle nuove norme contro il femminicidio , le denunce presentate alla Procura per maltrattamenti sono state 577. Negli otto mesi che hanno preceduto la legge, i casi erano 1.095: poche le variazioni, nonostante l’introduzione dell’arresto in flagranza (25 quelli effettuati finora a Milano).
«Questo tipo di arresto si è rivelato molto difficile da fare — ragiona Alessandra Kustermann, responsabile del Soccorso violenza sessuale e domestica della clinica Mangiagalli — Il reato di maltrattamento si configura per la sua continuità: stabilirne la flagranza può essere difficile, perché bisogna dimostrare che non si tratta del primo episodio». Di qui, la proposta: creare un “cervellone elettronico” per raccogliere le denunce a carico della stessa persona, anche se verbalizzate in posti differenti: «In questo modo — dice Kustermann — si potrebbe ripercorrere la storia passata del soggetto: nell’85 per cento dei casi gli autori sono recidivi».
La questione è emersa in un convegno sul femminicidio che ha valutato la legge nazionale varata in autunno, che prevede l’allontanamento da casa e l’arresto in flagranza per l’autore degli abusi. Una legge la cui applicazione è difficile: «Il reato di maltrattamento è caratterizzato dall’abitualità — spiega il magistrato Fabio Roia — La flagranza non può essere determinata solo se il soggetto ha appena colpito la vittima: bisogna stabilire che si tratta di un gesto abituale». Una delle difficoltà è anche quella di «trovare sempre di turno il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari esperti in maltrattamenti: a Milano il problema si pone di meno, ma nei piccoli tribunali può diventare difficile», nota Kustermann.
A Milano il pool antiviolenze è composto da 12 pm, incaricati di condurre circa 4.500 inchieste per stalking, maltrattamenti, violenza sessuale l’anno. Altra carenza è quella che riguarda il sostegno psicologico e logistico per le vittime. «Il governo investe poco: se solo il Comune di Milano finanzia con 500mila euro i centri antiviolenza della città, capirete che certo non navigano nell’oro», chiosa Kustermann. «Ma nel 2014 dovrebbero arrivare più di due milioni di euro, e dall’assessorato alla Salute altri 810m — tranquillizza l’assessore regionale alle Pari opportunità, Paola Bulbarelli — La Regione nel 2012 si è dotata di una legge antiviolenza, che può dare risposte vere sul territorio e prevede un tavolo permanente di 24 persone che studiano il problema».